Daniele Segre

L’autore di Via Due Macelli, Italia-Sinistra senza Unità lancia un appello ai leader della sinistra: “Discutete subito su come stare oggi insieme per poter vivere domani senza vergogna e imbarazzo”

Ho appena finito di vedere la sesta parte di Via Due Macelli, Italia-Sinistra senza Unità e mi sono accorto che è già passata una settimana di Festival e tutto sta già procedendo come immaginavo: con tranquillità, senza apparenti scossoni, quasi che la vicenda che narra il film sia un repertorio di tanto tempo fa e noi spettatori, basiti, increduli e sorpresi di uno squarcio di vita vera della politica degli affari, ci troviamo coinvolti in una spirale di emozioni contrastanti, di nodi da sciogliere, di “assenze” (nel film, in sala, e nelle pagine dei giornali) di una vicenda che prende spunto dalla chiusura di un giornale, ma che drammaticamente ogni giorno ci rigetta in faccia la questione della sinistra oggi in Italia e della sua identità. Io come tutti, spettatore e protagonista di una storia che mi riguarda e ci riguarda, solo, solissimo nel credere di vedere materializzare un confronto serio e necessario sull’identità e sulla responsabilità che la sinistra deve avere oggi nel nostro paese. Non era immaginabile uno sconquasso del genere, non era immaginabile trovare un esercito in fuga con problematiche contraddizioni senza coraggio e capacità di reazione. L’ottimismo dichiarato fin dall’inizio della vicenda lo conferma, credo che si possa reagire a una passività impotente e perdente, ma occorre avere grande lucidità nel rivendicare che questo confronto si faccia subito e non dopo l’immaginata e sin troppo sbandierata (per scaramanzia?) sconfitta elettorale.
Immagino di vedere il leader della sinistra italiana “scendere al Lido” (una vera e propria discesa sul campo/laguna) per affrontare una questione che attraversa il film dall’inizio alla fine: solo la sinistra unita può creare le condizioni di un confronto elettorale dove si può uscire sconfitti ma rispettati, ma si può anche vincere con la dignità della nostra identità di cui credo non ci sia nulla da vergognarsi. Veltroni, D’Alema, Cofferati, Violante, Cossutta, Diliberto, Bertinotti e tanti altri sono invitati a prendere una decisione strategica e necessaria per tutto il popolo della sinistra: si ritrovino a discutere nel Palazzo del cinema come essere oggi insieme per poter vivere bene domani senza vergogna e imbarazzo. Sono grato ad Alberto Barbera di questa grande visibilità che ha offerto a questo piccolo film, ospitato tutti i giorni alla Sala Volpi. L’augurio è che questo vero e proprio appello che arriva dal festival di Venezia sia accolto con grande senso di responsabilità. Forse non sarà così, ma almeno io ci provo nel rispetto della mia storia e per il futuro; ma forse questa attualità ci agita troppo e magari fra trent’anni si discuterà più volentieri su un bel film di finzione che rievochi la fine de l’Unità e la lunga agonia della sinistra italiana.